Gianni Ferrario – Energizzatore di Eventi
Facilitatore di climi aziendali e spirito di unità con i suoi coinvolgenti WorkShow di grande successo!
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Happiness Trainer
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Gli esseri umani sanno cosa sia la gioia, perché capitano a tutti momenti di gioia. Ma proprio perché «capita», si ritiene che essa sia qualcosa che succede senza ragioni precise. Ma quegli attimi illuminano la vita, ne rivelano la trama profonda. Per alcuni diventano così importanti che, da essi nasce l’esigenza del cambiamento.
L’ esperienza della gioia, può generare nella persona desiderio di cambiamento e di cura maggiore di se. In altri, invece, per il fatto che la gioia sia rara ed evanescente, è presente il pensiero che essa sia così breve da essere più inganno che realtà. Personalmente ritengo che le difficoltà non tolgano mai del tutto il piacere di vivere; il desiderio di vivere è più forte del dolore della vita: “Questo ci fa pensare che la vita voglia la vita”. Perfino nel suicida è rintracciabile un desiderio di vita. Il desiderio (de-sider = dalle stelle, un qualcosa che ci trascende) di felicità è ciò di cui è pregno l’essere dell’uomo.:
Cos’è la Gioia prescindendo dalla connotazione culturale, temporale e affettiva? La Gioia è quel qualcosa che abbiamo perduto e verso cui camminiamo e di cui ci rimane una pungente nostalgia dentro: la sete di Infinito? L’essere umano è indigente e nel contempo tende alla pienezza della felicità, perché il desiderio è costitutivo dell’essere umano.
La gioia è un sentimento che esplode dentro: è pulsante, propulsiva, altamente propagabile. La gioia si potrebbe forse definire come lo stato nascente della felicità, che si identifica con la meraviglia.
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La felicità è quel qualcosa a cui continuamente tendiamo nel nostro stare al mondo; è il prolungarsi della gioia, che non si conclude.
La sete di Oltre che ci abita e ci intesse è origine e essenza profonda della gioia. La gioia al di là del singolo episodio, può divenire un atteggiamento interiore? La gioia così intesa nasce dal saper vedere oltre, dal saper cogliere e valorizzare spazi in cui la persona possa esprimersi e rispondere con entusiasmo (en-theos = un dio in noi) alle sollecitazioni del reale, e dis-velare così la propria personalità. Colui che si educa alla gioia vuole diventare un tifoso innamorato delle infinite sfumature della vita, un attento osservatore, ascoltatore e valorizzatore di stimoli vitali.
L’inquietudine intesa in questo senso è il sintomo della presenza dell’infinito nell’uomo.
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I media danno vistosa evidenza alle notizie brutte, tragiche, legate all’orrore. Allorché si manifestano fenomeni contrari, di positività, si sorvola con il pessimo pregiudizio che la “bella notizia” non interessa a nessuno. Siamo caduti nell’industria dell’ “antisorriso”, e i primi a pagarne lo scotto sono appunto, i giovani e i giovanissimi. Ci meravigliamo che la violenza si impadronisca di ragazzi in apparenza perbene. Forse il punto sta qui; essi non sono stati abituati al sorriso bensì al ghigno dell’amarezza e del rancore. Occorre valorizzare il positivo, rieducare al valore della festa, delle cose che fanno sentire bene.
Il piacere narcisistico è autocentrato; non permette l’incontro profondo, il dialogo creativo con l’altro; è uno scontro di egoismi. La vita resta così imprigionata negli anfratti dell’io, troppo occupato a darsi soddisfazione. Se l’Io non si inserisce in un percorso più grande di gioia della vita resta ombra opaca; rimane chiuso, noiosamente ripetitivo e bloccato.
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L’uomo cresce e si sviluppa psicologicamente nella misura in cui passa dalla logica dell’Io alla logica del Tu; dal principio di piacere al principio di realtà. Dall’Io al Tu, dal Tu al Noi, dal Noi al reale, dal reale ai valori, dai valori all’Altro assoluto, sono tutti passaggi che si fondano sul superamento della legge fisica del baricentro.
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“Signore, donami una buona digestione e anche qualcosa da digerire.
Donami la salute del corpo e il buon umore necessario per mantenerla.
Donami, Signore, un’anima semplice che sappia far tesoro
di tutto ciò che è buono e non si spaventi alla vista del male
ma piuttosto trovi sempre il modo di rimettere le cose a posto.
Dammi un’anima che non conosca la noia, i brontolamenti, i sospiri, i lamenti
e non permettere che mi crucci eccessivamente
per quella cosa troppo ingombrante che si chiama “io”.
Dammi, Signore, il senso del buon umore. Concedimi la grazia
di comprendere uno scherzo per scoprire nella vita un po’ di gioia
e farne parte anche agli altri.
Amen.”(Tommaso Moro)
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